Penso sia utile confrontarsi e condividere le esperienze che ci riguardano e che ci circondano.

 

Questo spazio è dedicato a tutti coloro che anche con poche parole abbiano voglia di condividere i propri pensieri o i propri sentimenti su tutto ciò che costituisce, arricchisce, impoverisce il contesto e la rete sociale cui apparteniamo.

Potrebbe essere interessante scoprire nuovi punti di vista.

 

Commenti: 12
  • #12

    Tania (mercoledì, 10 dicembre 2014 12:09)

    Grazie alla scuola superiore che ho frequentato ho avuto l'opportunità di poter svolgere vari stage presso strutture con differenti tipologie di utenti. Mi sono occupata di bambini, di anziani e di persone disabili. Credo che queste occasioni, a me in primis, ma anche a molte altre persone che come me studiano nell'ambito sociale, siano servite a scoprire nuove e diverse realtà. Grazie a queste esperienze nelle strutture ho avuto un maggiore approccio con cose di cui magari, avevo solo sentito parlare. Viverle sulla propria pelle è tutt'altra cosa.
    Ora lavoro in una comunità di ragazze allontanate dalla famiglia, un ambito per me nuovo ma per il quale mi sto mettendo alla prova. Sono contesti diversi anche solo rispetto agli stage fatti precedentemente ma alla fine il centro di tutto è sempre quello: aiutare gli altri.
    A trarne beneficio probabilmente siamo anche noi operatori non solo gli utenti, perchè quello che provi quando aiuti qualcuno e senti di aver fatto qualcosa di positivo per l'altro, magari anche solo ricevendo un 'grazie' o un sorriso in cambio, almeno, parlando per me, è una cosa che già migliora la mia giornata. E penso dovrebbe essere così per tutti. Il bello di questo lavoro forse è proprio questo: DARE SENZA PRETENDERE NULLA IN CAMBIO

  • #11

    #chiara (lunedì, 08 dicembre 2014 17:49)

    Ho 21 e sto frequentando l'università di fisioterapia,grazie alla quale ho capito cosa voglia dire lavorare nel sociale,più nello specifico prendersi cura degli altri!ho sempre fatto volontariato anche in precedenza con i bambini ricoverati al policlinico e da quando sono universitaria ho imparato anche ad occuparmi di anziani e disabili in case protette e ospedali;ambienti e persone che si diversificano tra loro per molte cose ma accomunati da un'unica necessità SOLIDARIETÀ e CURA!quest'ultimo termine a mio avviso può avere diverse accezioni che spesso le persone non prendono in considerazione,infatti viene spesso associato alla cura "scientifica e medica" operata da specialisti come i medici e gli operatori sanitari, senza rendersi conto che un aspetto altrettanto e forse ancora più importante riguarda il PRENDERSI cura di una persona,e questo non necessita di laureati ma di possedere una sola qualità che tutti gli esseri umani dovrebbero avere,l'umanità!questo non vuol dire che chi non sia volontario o non lavori nel sociale ne sia privo,anzi penso che ci siano molte persone che potrebbero fare tanto ma non si sentano pronte perché prive di informazioni ed esperienze riguardanti questa sfera molto importante ma spesso trascurata!il mio avviso e' quindi quello di "CONOSCERE per CAPIRE" sensibilizzando gli altri con ulteriori informazioni,e questo sito nel suo piccolo mi sembra un buon inizio!

  • #10

    Chiara (lunedì, 08 dicembre 2014 12:33)

    Ho avuto l'opportunità di fare tante esperienze che la società definisce "di volontariato", ma non mi sono mai vista come una volontaria. Credo che questo sia dovuto soprattutto alla reazione che le persone intorno a me avevano nel momento in cui dicevo loro che avevo passato un mese in africa, che un'ora alla settimana la trascorrevo in palestra con dei disabili, o che preparavo sporte di spesa da distribuire a chi ne aveva bisogno. "Che brava!". Io non mi sono mai sentita "brava", cosa vuol dire "brava"? Sono servizi che ho sempre liberamente scelto di fare, ma di certo non ci andavo ogni volta col sorriso sulle labbra, spesso avrei voluto fare altre cose, spesso le ho fatte, le altre cose. Il senso comune associa una certa virtù al volontariato, forse perchè si tratta di persone che vogliono consciamente lavorare ma senza esse retribuite; francamente il senso comune non penso abbia capito che davvero è più quello che ricevi di quello che dai. Non mi sono mai sentita un volontario perchè concretamente non mi sembra di aver mai offerto qualcosa. Non mi dilungo in dettagli, semplicemente credo di avere il "merito" di essermi resa disponibile alla scoperta di tutto ciò che ci circonda e che spesso rimane nascosto, perchè troppo semplice, perchè troppo doloroso, forse perchè ci obbliga a riflettere. Ma per l'uno che ho dato, cento ho ricevuto: non soltanto il sorriso di una persona felice di vedermi, solo perchè sono io e perchè sono lì, anche se senza nulla da offrire, ma un ampliamento di orizzonti che permette veramente di confrontare il proprio piccolo microcosmo con quello degli altri. Non siamo monadi che vivono vite separate, siamo tutti qui e tutti insieme e ciò che è importante non è fare volontariato, ma sapere che c'è molto di più dietro a quello che già conosciamo, e se abbiamo la possibilità di scoprirlo, be', bisogna coglierla. In più è TUTTO gratis.
    Sono d'accordo: più che volontariato, mi piace pensare alle parole "bene del sociale", perchè nella società ci siamo in mezzo tutti, chi aiuta e chi è aiutato. E così tutti aiutiamo e tutti siamo aiutati. Insomma, un guadagno per chiunque!

  • #9

    Elisabetta (domenica, 07 dicembre 2014 19:32)

    Ciò che mi preme dire con queste mie esperienze è che se noi coinvolgiamo una persona con disabilità nelle attività che vuole fare e che ritiene importanti allora non solo miglioriamo la qualità di vita, ma la facciamo sentire appagata, felice, capace di fare, vogliosa di fare. Se noi vi mostriamo interessati a ciò che fa stare bene quella persona allora otterremo più collaborazione nelle movimentazioni, ridurremo i tempi di lavoro perché quella persona imparerà a fare da sola molte cose che prima noi facevamo al posto suo perché non ci chiedevamo neppure se quella persona volesse da sola fare quella cosa e se ne fosse in grado. Dobbiamo imparare ad ascoltare.
    E diventare Terapisti Occupazionali significa anche questo:
    porre la persona e le sue funzionalità al centro, ascoltare ciò che desidera (lavarsi da solo, vestirsi, collaborare quando si alza dal letto alla mattina invece che essere sollevato come un sacco di patate), decidere INSIEME a lui cosa è importante per lui, porsi degli obiettivi e cercare insieme alla persona delle soluzioni efficaci per raggiungerli che sia attraverso ausili o strategie non importa, l'importante è raggiungere la sua maggiore autonomia nella sua vita.
    Ciò che più risulterà appagante sarà vedere quella persona felice di poter prendere in mano la sua vita, il suo ruolo familiare ed esprimere le sue capacità con metodi alternativi e funzionali.
    Il loro sorriso e la loro felicità sono più appaganti di ogni centesimo guadagnato.
    Se solo volessimo ascoltare con attenzione l'altro ed aiutarlo con premura concentrandoci su ciò che realmente è importante per lui, rimarremmo stupiti di quanto la disabilità alla fine non sia la "limitazione di una funzionalità" quanto la dimostrazione della forza, della volontà e della resilienza che ogni persona ha in sé e che vuole utilizzare per essere protagonista della sua vita e non 'un sacco di patate da dover totalmente accudire' come ho sentito dire più volte.

  • #8

    Elisabetta (domenica, 07 dicembre 2014 19:31)

    Io studio Terapia Occupazionale, è una laurea sanitaria della riabilitazione che in Italia è completamente sconosciuta (mentre all'estero è tra le più presenti in una equipe).
    La Terapia Occupazionale pone al centro dell'intervento riabilitativo il soggetto con disabilità e lo aiuta a riacquisire la sua autonomia nelle occupazioni (attività quotidiane).
    In questi anni di università non solo ho imparato a conoscere la disabilità non nel suo 'limitare le capacità dell'individuo', ma nelle funzionalità, nelle capacità residue che il soggetto ha e che con volontà cerca di esprimere a suo modo.
    Ho conosciuto N. alla scuola materna, 3 anni con una grave forma di autismo, "bambino difficile" lo hanno definito le maestre la prima volta che me l'hanno presentato. L'ho trovato assurdo. N. non è un "bambino difficile", vuole solo scoprire il mondo a suo modo, magari non ti guarda negli occhi quando gli parli ma lui con te comunica. "Ogni volta che siamo in silenzio urla e lo portiamo fuori dall'aula. Potresti portarlo fuori tu?" mi hanno detto la seconda mattina di tirocinio, ma la verità è che non urla a caso, cerca di comunicare con te, sei tu a non volerlo ascoltare. Se solo noi imparassimo ad ascoltare tutte le voci, non solo quelle stereotipate che noi definiamo 'normali', quante cose cambierebbero. La verità è che siamo pigri e che spesso è più facile portare fuori dall'aula N. invece che cercare un canale di comunicazione che sia adatto anche a qualcuno di speciale come lui.
    Questo è fondamentale nel rapportarsi con tutti, vale con N., come vale con M. signora che presenta una forma d'Alzheimer avanzata. Probabilmente non comprendeva nulla, o quasi nulla, di quello che io le dicevo, ma ad ogni mio sorriso rispondeva con un sorriso e per un intero pomeriggio mi ha stretto la mano e mi ha fatto comminare accanto a lei. La cosa veramente inconcepibile è che nessuno dei suoi parenti va più a trovarla nella casa di riposo dove vive e che tutte le figure professionali all'interno della struttura la trattano come un oggetto "perché tanto non capisce" dicono. Beh con quel sorriso e con quella mano stretta la porterei dovunque lei voglia per tutto il giorno.
    Perché M. è una persona, non è né un oggetto, né una patologia.
    M. è una persona come tutti noi.
    Ci sono operatori che si interessano davvero alla persona, che la aiutano con amore, con attenzione, ma non è sempre così.
    Ho visto persone essere lavate, spostate con sollevatori passivi, essere movimentate rapidamente senza nessuna attenzione. Persone che vengono vestite senza che gli venga nemmeno chiesto "va bene per Lei mettere questa maglia oggi o ne preferisce un'altra?", nemmeno un "come sta oggi?", "ha voglia di provare a mettere INSIEME le scarpe?".
    Ma davvero pensiamo che un anziano, che una persona con una emiplegia o qualsiasi altra patologia o disabilità, non sia in grado di infilarsi un paio di scarpe? Non sia in grado di scegliere cosa indossare quella mattina?
    La verità è che ci è più comodo spostarli come oggetti, ci rende il lavoro più veloce, meno difficile.
    Ma qualcuno di quegli operatori ha mai pensato di chiedere a quella persona se c'è qualcosa che vorrebbe poter fare da solo?

  • #7

    Beatrice (domenica, 07 dicembre 2014 18:10)

    Consapevole di cio,non smetto pero di dire che la frustrazione del non aver potere per migliorar il futuro a queste genti si fa sempre sentire. Ora la mensa si è quadruplicata di persone... ma chi ha pemesso questa crisi? Mi viene davvero l'angoscia a pensarci...
    L'ultima esperienza che tengo a raccontare è stata quella che abbiamo fatto di gruppo con gli scout in Perù. Abbiamo lavorato tre anni, ci siamo autofinanziati e abbiamo seguito un progetto legato af un'associazioni attiva a Lima, la capitale. Ecco che il mese di Agosto di due estati fa siamo stati in mezzo alla comunità peruviana a confrontarci con questa realtà assurdamente diversa dalla nostra . Ogni mattina ci svegliavamo di buon mattino per andare in scuole elementari/materne per seguire le maestre ed aiutarle a tenere giganti mandrie di bambini super agitati che giocavano per strada coi sassolini e disegnavano sui muri di queste scuole larghe 4 metri per 4 e costruite con l'amianto e materiali di ogni tipo. Lima è una città immensa,con tantissimi abitanti,piena di contraddizioni : dal quartiere affianco all'oceano pacifico con la discarica a cielo aperto e un tubo gigante che scarica direttamente in oceano,con persone che si accontentano di 30 soles al mese(10 euro) a quel quartiere dove i palazzi sono fatti d'oro zecchino. Lì noi abbiamo avuto un'esperienza a 360 gradi. Non solo aiutavamo, ma conoscevamo persone che ci invitavano nelle loro baracche a bere il loro tè, abbiamo conosciuto una ragazza che ci ha invitati al battesimo di sua figlia e che si è commossa per la nostra presenza,perfetti sconosciuti. Credo che tentare di descrivere in poche righe l'emozione provata durante quel mese sia vano e superficiale, io so solo che dopo il Perù la mia ottica è cambiata. Sembra una frasetta fatta a caso, ma vi assicuro che è cosi. Mi ricordo ogni giorno di cio che ci è stato offerto là,il tè,che per loro vale tanti soldi, e di quanto noi facciamo fatica a volte ad offrire un caffè. Pensarci dà davvero tristezza, ma è cosi. Sto attenta soprattutto al supermercato, mi son sensibilizzata sui prodotti, perchè non riesco a smettere di pensare a quanto noi potenze mondiali viviamo solo dei frutti dei paesi in via di sviluppo come il perù. Ho visto gli occhi di queste persone e non meritano di avere una luce più fioca di quella che c'è nei nostri...
    In peru ho anche incontrato i bambini lavoratori,coi quali abbiamo scambiato molte chiacchiere e ci siamo divertiti moltissimo. Sono davvero maturi e sanno per cosa combattono: per i loro diritti da lavoratori. Grossa sorpresa pr le mie orecchie è stato sentire che NON SI SENTONO SFRUTTATI. Se pensiamo ai nostri bambini di 5-6-7 anni che lavorano ci vengono in mente i pegguori pensieri. Ebbene, lì sono fieri di esser lavoratori... queste sono solo piccole riflessioni random che mi vengon in mente a pensare al Perù,a quante realtà esistono nel nostro pianeta, a partire dal Sudamerica a finire nel centro di accoglienza dietro l'angolo di casa nostra. Ricordiamoci sempre di rispettare tutti e non rendere il "faccio del bene" solo come unilaterale, ma soprattutto di trarne frutto, insegnamento,educazione. Dobbiamo essere testimoni di quanto vediamo e quanto abbiamo l'opportunità di incontrare, per far si che la nostra testimonianza renda i nostri cari e vicini sensibili come noi...
    Scusate la pappardella, son davvero contenta di averlo condiviso qua convoi

  • #6

    Beatrice (domenica, 07 dicembre 2014 18:08)

    Ciao a tutti!
    Sono una ragazza di 22 anni, sono ormai parte degli scout da 15-16 anni e ho dato un'occhiata a questo sito e avevo voglia di lasciare un commento per confrontarmi anche io come avete fatto voi.
    Nella mia vita ho fatto davvero i più disparati "serrvizi di volontariato". Esatto, ho messo la frase tra virgolette perché l'idea che aiutare qualcuno o fare qualcosa di utile per la nostra società sia minimizzato a "fare del volontariato" sinceramente non mi piace, e come ho letto in una sezione di questo sito credo che sia semplicemente un dare per migliorare qualcuno e soprattutto sé stessi, arricchirsi con ciò che coloro che han sicuramente più bisogno di noi ci danno.
    Le prime esperienze flash che mi son venute in mente a leggere "ilbenedelsociale" sono svariate.
    Ho aiutato dei bimbi con situazioni familiari particolarmente disagiate, dove purtroppo la conoscenza personale e soggettiva non era troppo rimarcata in quanto in un gruppo di 12 bambini di 6-9 anni non è possibile confrontarsi col singolo ma piuttosto "entrare nella loro cerchia di giochi e divertimenti"; ciononostante ricordo che le sensazioni che provavo durante e dopo le mie ore settimanali erano davvero appaganti: ero Felice e piena di risate di bambini che si divertono genuinamente, con una palla, delle matite colorate e dei fogli, mi sentivo Felice quando vedevo che mi chiedevano di stare con loro o addirittura litigavano tra di loro perchè ero nella squadra avversaria ed ero "la più brava perché ero grande ed alta". Queste sono piccole cose che mi sono rimaste dentro e che mi fan davvero sorridere...
    Ho avuto anche un'esperienza con una ragazza di 13 anni. Lei aveva dei disagi familiari e a cause della sua scarsissina capacità di concentrarsi non otteneva grandi risultati a scuola, il mio ruolo era quello di "indirizzarla nella retta via". Inizialmente ero sinceramente poco convinta per una serie di motivazioni legate all'età: 13 anni, ormoni in circolo, grossi disagi caratteriali e soprattutto come ben sappiamo,età della ribellione piu totale,che in lei vi assicuro era più che potente. Non vi so dire come ho gestito questa ragazza, so solo dirvi che inizialmente ho tentato un approccio da "ragazza calma,buona e maestra" e ho visto che portava il contrario dei risultati sperati: punto primo Perchè in questo modo lei mi vedeva solamente come un'altra delle "rompiscatole" che tentava di farla andare bene a scuola, punto secondo Perché "ragazza calma,buona e maestra" non sono assolutamente parte di me. Ecco quindi che ho iniziato ad assecondarla nel suo modo di essere, voleva andare nella "biblioteca dei grandi" e invece che dirle di no ci siamo andate e ha studiato senza proferire parola, voleva che io la andassi a prendere perchè in macchina con me si divertiva e,invece che farle prendere il bus,la andavo a prendere. L'atmosfera,giorno dopo giorno,si faceva sempre più di amicizia. Il giorno in cui mi scrisse per la prima volta "Bea andiamo a prendere un gelato che voglio raccontarti una cosa di un ragazzino per cui ho una cotta" ho detto dentro di me "che meraviglia son diventata parte della sua vita come amica: ora è sicuramente più facile farle fare ciò che è di fatto il mio obiettivo". Vi assicuro che è stato uno dei momenti più appaganti del mio servizio... una ragazza di quasi dieci anni in meno,in piena follia ormonale,che mi chiedeva di esser parte della sua vita come amica oltreche come "aiuto". I mesi dopo sono stati davvero belli e ricordo che mi ha addirittura chiesto di andare da lei il pomeriggio prima della cena di classe a truccarla e consigliarle un vestito ! Oggi,dopo due anni, ci sentiamo ancora ;)
    Ho anche servito alla mensa comune della mia città, ho visto uomini e donne che non potevano permettersi di comoerare gli ingredienti per fare da mangiare a casa e che avevano una casa. Il mio ruolo era quello di servire cio che preparavamo da mangiare il pomeriggio, e se volevo potevo sedermi a cenare con loro, opportunita che ovviamente ho sfruttato per confrontarmi con loro,per sapere come la crisi aveva agito su di loro,sul perche e il percome. Tornavo a casa sempre molto pensierosa: per loro non puoi far nulla piu che dargli un piatto dove mangiare, non gli risolvi il problema. Ma non ho mai avuto la presunzione di risolvere i problemi di chi ho aiutato: sapevo solo che poteva essere un modo per arricchire loro con chiacchiere in piu e arricchire me, che non fa mai male.

  • #5

    Elena (sabato, 06 dicembre 2014 17:38)

    Nella mia vita ho avuto modo di incontrare tante persone bisognose, e ho fatto tante esperienze di volontariato, L'anno scorso ho fatto uno stage in una struttura per Anziani.
    Le mie giornate iniziavano molto presto, sveglia alle 6 e arrivo in struttura per le 7 gia' cambiate con la divisa.
    Iniziavo il percorso stanza per stanza e ho conosciuto visi di persone sole, nonnine molto anziane addirittura centenari, con problemi piu' o meno gravi.
    Mi hanno insegnato a non affezionarmi a nessuno, ma mi chiedo come si faccia?
    Questi volti cosi belli che sembrano davvero bambini con gli sguardi persi in assenza dei propri affetti.
    ho iniziato i primi giorni di lavoro con due ragazze che mi hanno insegnato ad alzare dal letto anziani con problemi agli arti inferiori, dovevamo metterle sulla carrozzina, poi darle da mangiare , da bere e una passeggiata in corridoio o nel giardino esterno,( tempo permettendo,) e poi di nuovo a letto.
    Il tutto si svolgeva nell'arco di 4 ore, perche' verso le 13 la maggior parte di questi anziani facevano il sonnellino pomeridiano. Nel pomeriggio c'erano i fiosioterapisti che facevano camminare coloro che necessitavano, e fare ginnastica a chi poteva praticarla, naturalmente parliamo di ginnastica leggera , solo per tenere in movimento braccia e gambe. Verso le 16 era l'ora del thè proprio come conveniva nelle famiglie inglesi, e il bello di quel momento era vedere tutti i miei nonni a tavola insieme, c'era chi mi sorrideva o chi addirittura , mi stringeva l'occhiolino,vedere ancora nei loro occhi quella forza di vivere e di interagire con noi, mi riempiva il cuore.
    Dopo il the c'era un momento di allegria, musica , tanta musica, a volte anche dal vivo.
    E la giornata svaniva piano piano.Veramente una esperienza
    fantastica, la rifarei subito , penso sempre alla mia nonnina
    al suo volto ancora impresso nel mio cuore, forse non dovrei affezionarmi cosi' tanto alle persone, ma fa parte del mio essere..Penso che per fare un mestiere di questo genere,
    servano solo persone pazienti e di animo amorevole, ma purtroppo mi sono accorta che non e' cosi'.

    E' vero non siamo tutti uguali ,ognuno ha vari problemi a casa propria, ma sul posto di lavoro,non dovrebbe esserci spazio per pensare ai nostri di problemi, con persone anziane e molto fragili,ci vuole riguardo,andrebbero trattate con movimenti leggeri, calma e tranquillita',invece purtroppo, ho notato con mio grande dispiacere, che alcuni operatori svolgevano il loro lavoro, strattonando l'anziano in malo modo, usando maniere poco gentili,e tutto questo perche'? Forse era scaduto il loro orario di lavoro, o semplicemente perche' la loro
    vocazione non era proprio quella, ma era l'unica maniera per avere uno stipendio sicuro.
    Penso che la mia vocazione sia invece proprio questa, fare del bene agli altri, amare il prossimo e dare amore alle persone che piu' necessitano,proprio come mi hanno insegnato i miei genitori.
    Questo e' il lavoro che voglio fare, in questo mondo meraviglioso,
    i rapporti che ho mantenuto con alcune ragazze della struttura, le quali mi hanno confidato, (che sono davvero una ragazza speciale)
    mi danno la forza di credere che sono davvero capace in questo ruolo,
    che posso farcela, e la scuola che andro' a concludere quest'anno mi ha insegnato molto. A tutti i miei nonnini posso dire: portate pazienza , tra qualche mese saro' in mezzo a voi.
    Quest'esperienza mi ha fatto crescere davvero tanto.
    ''Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!».''
    (Atti 32.)

  • #4

    Yasmin (venerdì, 05 dicembre 2014 21:54)

    Un anno fa preciso decisi di iscrivermi in un assiociazione di volontariato "croce blu di modena". Inizialmente pensavo che fare volontariato fosse solo una cosa per aiutare il prossimo. ma con il
    tempo e tando con i pazienti che trasportiamo tutti i giorni ho capito che la oarola VOLONTRIO ha piu di un significato. Ho capito che il volontario è una persona che, oltre a comportarsi
    corretamente nella vita di tutti i giorni, come studente o lavoratore, figlio o figlia, padre o madre, mette spontaneamente a disposizione del tempo per gli altri. Per fare, con passione, qualcosa di
    utile, di realmente efficace. I volontari non sono eroi, persone eccezionali, "un superman" , ma un cittadino respnsabile. Un cittadino lo si definisce responsabile quando ha cura di sè, degli altri
    e dell'ambiente in cui vive. Che rispetta le regole della convivenza, che partecipa alla vita sociale, che chiede il rispetto dei propri diritti e tutela quella di tutti. Volontari non si nasce c si
    diventa, si impara ad esserlo facendo propri alcuni valori e osservando altre persone metterli in pratica. Ho capito che un volontario ha dei valori in cui crede, soprattutto:
    - la solidarietà cioè condividere qualcosa con gli altri
    - la giustizia sociale, per difendere i diritti di tutti
    - la non violenza come modo di vivere
    - la qualità della vita
    A volte ci si sente dire perchè non vi fate pagare, e io rifletto sulla quella domanda e la mia risposta è: un volontario é una persona che agisce gratuitamente e senza cercare vantaggi da nessuna
    parte, ma solo relazioni umane che diano senso o scopo alla vita. Facendo il volontario una persona si arrichisce di esperienza e relzione. Il volontario mette sempre al centro della sua attenzione
    le persone con i loro bisogni, i loro diritti e le loro potenzialità. perchè anche i meno fortunati possono crescere e realizzarsi, trovare soluzioni i loro problemi o conforto nei momenti meno
    fortunati della vita. Quando si fa carico di qualcuno, l volontario lo aiuta a diventare autosufficiente. Concludo dicendo il volontario deve " far bene il bene", preparandosi e migliorandosi
    costantemente, assumendosi della responsabilità insieme agli altri e portando fino in fondo un impegno preso.
    Il mio guadagno è un semplice "grazie" dai pazienti.
    ---

  • #3

    Rebecca (venerdì, 05 dicembre 2014 17:20)

    Due anni fa con la scuola ho fatto un stage all'associazione "Insieme a Noi", un'associazione di volontariato in cui vengono accolti uomini e donne con malattie mentali. E' stata un'esperienza veramente significativa perchè ho potuto osservare sul campo determinate situazioni che studiavo in quel periodo a scuola e soprattutto mi ha aiutato veramente a comprendere quanto sia difficile per loro riuscire ad integrarsi nella società. Quest'esperienza, oltre ad avermi sensibilizzata, mi ha anche fatto crescere come persona. Stando accanto a loro ho capito che persone magnifiche siano. Sono state due settimane, purtroppo un'esperienza breve (ma intensa), piene di gioia e divertimento, anche se alcuni giorni, devo ammettere, sono stati abbastanza pesanti. Ritengo davvero ne sia valsa la pena, un'esperienza del genere non capita tutti i giorni, se non si è informati!

  • #2

    Martina (venerdì, 05 dicembre 2014 17:20)

    La mia prima esperienza lavorativa l ho avuta in una cosa protetta...
    Gli anziani mi hanno accolto con tanto calore...quasi come fossi loro nipote... Una delle soddisfazioni più grande è stata quando ascoltado i loro problemi sono riuscita a strappare sul loro viso un sorriso... L altra grande soddisfazione è stata renderli partecipi del gioco della tombola. Erano tutti euforici,sorridenti e pieni di vita per vincere le caramelle.... Per me è stato emozionante vede le loro espressioni suoi volti..e come noi diamo per scontato tante cose....

  • #1

    Laura (venerdì, 05 dicembre 2014 11:16)

    Una delle mie prime esperienze lavorative consisteva nell'educare una bambina di 2 anni, Greta, con una paralisi celebrale dovuta al parto, il che vuol dire che presentava molte difficoltà motorie e la parte più lesa era la sinistra. Vi lascio immaginare il primo impatto con la mamma di lei, era una donna giustamente piena di preoccupazioni, ansie e dubbi che doveva affidare le cure della sua piccola a una ragazza sconosciuta e per giunta molto giovane. Ero alle prime armi, ma sapevo che dovevo fare l'impossibile! Ogni giorno dovevo strappare un'ora di tempo di spensieratezza di Greta, per lavorare insieme a lei per superare questo ostacolo, svolgendo esercizi motori, e ci sono stati giorni in cui vedendola frustata avrei voluto smettere, mi piangeva il cuore quando si abbatteva, ma d'altra parte mi riempiva d'orgoglio e di stupore quando dopo una caduta, si rialzava da sola dicendomi "tata, sola" e andava. È stato un anno difficile, perché era ogni giorno carico di aspettative, ma è anche stato l'anno più bello della mia vita. Non dimenticherò mai l'ultimo giorno di Nido, quando Greta mi ha portato da sola un mazzo di fiori! Questa piccola forza della natura, ha riempito la mia vita e il mio cuore, mi ha dimostrato che niente è impossibile, bisogna provarci, riprovarci e riprovarci ancora, perché è solo la forza di volontà che ti rialza sempre e comunque!