Considerazioni al termine di un'esperienza di stage..

Cito queste righe scritte da una ragazza che terminata la sua esperienza di tirocinio in un Centro di riabilitazione per disabilità acquisite, della durata di quattro settimane, ha voluto riassumere e riflettere sull'importanza di tale esperienza.

Un ringraziamento speciale va fatto alla scuola che ha permesso di svolgere questo periodo di stage #DeleddaServiziSociali e la struttura ospitante locata sul territorio Modenese.

 

"Quest’esperienza di stage mi ha offerto la possibilità di scoprire un nuovo mondo:

quello delle disabilità. Aver studiato in diverse materie argomenti pertinenti, come:

le leggi sull’integrazione del disabile nel mondo scolastico e del lavoro, le diverse

classificazioni di disabilità (ICIDH e ICF) piuttosto che le diverse tipologie di

disabilità o le cause di esse, nutrivano in me la presunzione di sapere cosa fosse

realmente la disabilità.

Ma ora penso che gli studi effettuati durante questo percorso scolastico siano solo

un piccolo strumento per poter comprendere ciò che realmente si vive in un centro

per disabilità.

Studiando i vari tipi di disabilità esistenti è quasi scontato centrarsi sul tipo di un

problema che un soggetto ha piuttosto che sulla persona in sé.

Invece, al Centro P. non si parla di “problema” o di “malattia” , non si parla di

“disabilità” e neanche di “disagio”.

Si parla di Persona.

Persone che sicuramente hanno subito un cambiamento della propria vita e che

devono trovare ed adottare nuove strategie per raggiungere determinati obiettivi, il

cui precedente raggiungimento era scontato. Tale Centro si propone di fornire tutti

gli strumenti necessari per mantenere uno stile di vita il più possibile simile a quello

precedente.

Ma in che modo le figure professionali operano verso tale obiettivo?

Al Centro P. non esiste distacco tra utenti e figure professionali: queste non

danno del “lei” agli utenti ed utilizzano nomi e nomignoli (lo stesso viene fatto da

parte degli utenti nei confronti degli operatori) , inoltre gli operatori non indossano

camici o divise per evidenziare il proprio ruolo ma vestiti comuni.

“E ricorda che non sono gli utenti ad essere ospiti, siamo noi ospiti in casa loro” mi è

stato detto durante uno dei miei primi giorni di stage.

Questo pensiero mi ha immediatamente fatto capire il tipo di approccio utilizzato

dalle diverse figure professionali nei confronti degli utenti.

Infatti l’ottica proposta dal Centro è la seguente: non sono gli utenti a recarsi al

Centro in cerca di aiuto, ma sono gli operatori stessi a recarsi al Centro per fornire

aiuto. Nonostante sia una sottile differenza è sufficiente per rendere più accogliente

e familiare la struttura.

Quasi scontato affermare che quest’esperienza di stage ha arricchito le mie

conoscenze e soprattutto la mia sfera affettiva. Mai avrei pensato di provare così

tante forti emozioni semplicemente osservando il loro modo di essere. Tanti sono i

rapporti che ho stretto sia con le figure professionali sia con gli utenti.

Ognuno di loro è in grado di insegnarci qualcosa, ognuno di loro, nonostante tutto,

ha ancora più bisogno di dare che di ricevere.

E’ incredibile quanta forza fisica e soprattutto d’animo abbia investito tutti loro.

Per tutti intendo P. affetto da disabilità dovuta ad un ictus avuto all’età di 42

anni. Sposato e tre figli. Abbandonato dalla moglie incapace di stargli vicino in tale

situazione. Pietro vive per i suoi figli e la musica. Suonava il pianoforte e la chitarra,

l’ictus che ha completamente paralizzato l’intera metà del suo corpo gli impedisce

di poter continuare a suonare questi due strumenti. Ora è un bravissimo suonatore

di armonica.

Intendo A. che nella sua camera ha sempre in vista una copertina di una vecchia

rivista che ritrae una modella magrissima in costume. A. a 25 anni voleva

diventare come lei: la dieta intrapresa le recava spesso forti giramenti di testa e

debolezza, in macchina ebbe uno di questi momenti e fece un incidente. Un

incidente che determinerà tutta la sua vita a venire. A. non possiede più tutti i

collegamenti cerebrali integri e nonostante sia autonoma e autosufficiente mostra

tale carenza in tutti, o quasi, i discorsi, spesso privi di senso logico. “Quanti anni mi

dai? Quanti anni mi dai? Quanti anni mi dai?” domanda costantemente ad ogni

persona a lei vicino circa una ventina di volte ininterrottamente, quasi volesse

recuperare il tempo perduto a causa dell’incidente.

Per tutti intendo W. affetto da disabilità dovuta da ictus che gli ha

completamente tolto la capacità comunicativa. W. nonostante tutto non si

dispera ed è molto fiducioso nei confronti del futuro: ogni mattina e ogni

pomeriggio si reca con la sua carrozzina di fronte ad una grandissima vetrata vicina

alla sua stanza e osserva, o meglio aspetta. Aspetta la donna della sua vita che è

sicuro un giorno arriverà a portarlo via dal Centro.

Intendo L. che possiede entrambi gli arti inferiori paralizzati. L. lascia

trapelare poco di sé, si è costruita una corazza per reagire alla propria situazione che

ancora non ha superato del tutto.

Intendo F. anch'essa affetta da disabilità dovuta ad ictus. F. non riesce più

ad esprimersi e a formulare discorsi. Ancora si innervosisce ogni qualvolta le è 32

difficile esprimersi e farsi capire, ma non si perde d’animo e trova sempre il modo

per farsi comprendere.

Per tutti intendo L. la persona più dolce e accomodante che ho incontrato

durante il mio periodo di stage. L. è affetta dal Morbo di Parkinson, che inibisce

gran parte dei suoi movimenti e delle attività che precedentemente svolgeva.

Nonostante questo L. ha trovato una strategia per poter seguire ogni tipo

d’interesse che prima aveva, come il decoupage, cantare, scrivere canzoni.

Intendo S. che a seguito di un incidente stradale la sua mentalità si è fermata

all’età di 16 anni (età in cui è avvenuto l’incidente). Infatti ora all’età di 34 anni i suoi

unici interessi sono i videogiochi e i fumetti.

Per tutti intendo C. la più carismatica del gruppo: sempre una battuta pronta

e sempre il sorriso sulle labbra. C. è cosi solare e piena di vita che non sembra

neanche essere affetta da disabilità, se non fosse per la sedia a rotelle di cui

necessità costantemente a causa di una paralisi dovuta ad ictus.

Intendo, inoltre, tutte le figure professionali che hanno fatto sentire anche me e la

mia compagna di classe e di stage Elisa parte di un gruppo e parte di una grande

famiglia.

La mia esperienza è stata talmente soddisfacente che ho mantenuto i rapporti con

alcuni degli utenti, mandandogli mail, facendogli visita e scambiandoci i numeri di

telefono.

Non posso che essere grata dell’opportunità che mi è stata data."

 

#ilbenedelsociale

 

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Commenti: 5
  • #1

    Arianna (venerdì, 05 dicembre 2014 14:20)

    Penso ci sia da prendere gran spunto da queste parole meravigliose! Queste esperienze di vita ci aiutano a crescere!! Bisognerebbe imparare dalle persone con più difficoltà, spesso è volentieri riescono a farti vedere la vita in un'altro modo!!! Congratulazioni, davvero magnifico!!!

  • #2

    Carol (venerdì, 05 dicembre 2014 16:50)

    La vita a volte regala e altre volte toglie, però quando toglie qualcosa si apprezza e si capisce il senso vero della vita. Bellissime parole ed è importante sapere anche di queste realtà.

  • #3

    yasmin (venerdì, 05 dicembre 2014 21:36)

    Un anno fa preciso decisi di iscrivermi in un assiociazione di volontariato "croce blu di modena". Inizialmente pensavo che fare volontariato fosse solo una cosa per aiutare il prossimo. ma con il tempo e tando con i pazienti che trasportiamo tutti i giorni ho capito che la oarola VOLONTRIO ha piu di un significato. Ho capito che il volontario è una persona che, oltre a comportarsi corretamente nella vita di tutti i giorni, come studente o lavoratore, figlio o figlia, padre o madre, mette spontaneamente a disposizione del tempo per gli altri. Per fare, con passione, qualcosa di utile, di realmente efficace. I volontari non sono eroi, persone eccezionali, "un superman" , ma un cittadino respnsabile. Un cittadino lo si definisce responsabile quando ha cura di sè, degli altri e dell'ambiente in cui vive. Che rispetta le regole della convivenza, che partecipa alla vita sociale, che chiede il rispetto dei propri diritti e tutela quella di tutti. Volontari non si nasce c si diventa, si impara ad esserlo facendo propri alcuni valori e osservando altre persone metterli in pratica. Ho capito che un volontario ha dei valori in cui crede, soprattutto:
    - la solidarietà cioè condividere qualcosa con gli altri
    - la giustizia sociale, per difendere i diritti di tutti
    - la non violenza come modo di vivere
    - la qualità della vita
    A volte ci si sente dire perchè non vi fate pagare, e io rifletto sulla quella domanda e la mia risposta è: un volontario é una persona che agisce gratuitamente e senza cercare vantaggi da nessuna parte, ma solo relazioni umane che diano senso o scopo alla vita. Facendo il volontario una persona si arrichisce di esperienza e relzione. Il volontario mette sempre al centro della sua attenzione le persone con i loro bisogni, i loro diritti e le loro potenzialità. perchè anche i meno fortunati possono crescere e realizzarsi, trovare soluzioni i loro problemi o conforto nei momenti meno fortunati della vita. Quando si fa carico di qualcuno, l volontario lo aiuta a diventare autosufficiente. Concludo dicendo il volontario deve " far bene il bene", preparandosi e migliorandosi costantemente, assumendosi della responsabilità insieme agli altri e portando fino in fondo un impegno preso.
    Il mio guadagno è un semplice "grazie" dai pazienti.

  • #4

    Chiara (domenica, 07 dicembre 2014 15:44)

    Ho avuto l'opportunità di fare tante esperienze che la società definisce "di volontariato", ma non mi sono mai vista come una volontaria. Credo che questo sia dovuto soprattutto alla reazione che le persone intorno a me avevano nel momento in cui dicevo loro che avevo passato un mese in africa, che un'ora alla settimana la trascorrevo in palestra con dei disabili, o che preparavo sporte di spesa da distribuire a chi ne aveva bisogno. "Che brava!". Io non mi sono mai sentita "brava", cosa vuol dire "brava"? Sono servizi che ho sempre liberamente scelto di fare, ma di certo non ci andavo ogni volta col sorriso sulle labbra, spesso avrei voluto fare altre cose, spesso le ho fatte, le altre cose. Il senso comune associa una certa virtù al volontariato, forse perchè si tratta di persone che vogliono consciamente lavorare ma senza esse retribuite; francamente il senso comune non penso abbia capito che davvero è più quello che ricevi di quello che dai. Non mi sono mai sentita un volontario perchè concretamente non mi sembra di aver mai offerto qualcosa. Non mi dilungo in dettagli, semplicemente credo di avere il "merito" di essermi resa disponibile alla scoperta di tutto ciò che ci circonda e che spesso rimane nascosto, perchè troppo semplice, perchè troppo doloroso, forse perchè ci obbliga a riflettere. Ma per l'uno che ho dato, cento ho ricevuto: non soltanto il sorriso di una persona felice di vedermi, solo perchè sono io e perchè sono lì, anche se senza nulla da offrire, ma un ampliamento di orizzonti che permette veramente di confrontare il proprio piccolo microcosmo con quello degli altri. Non siamo monadi che vivono vite separate, siamo tutti qui e tutti insieme e ciò che è importante non è fare volontariato, ma sapere che c'è molto di più dietro a quello che già conosciamo, e se abbiamo la possibilità di scoprirlo, be', bisogna coglierla. In più è TUTTO gratis.
    Sono d'accordo: più che volontariato, mi piace pensare alle parole "bene del sociale", perchè nella società ci siamo in mezzo tutti, chi aiuta e chi è aiutato. E così tutti aiutiamo e tutti siamo aiutati. Insomma, un guadagno per chiunque!

  • #5

    Tania (martedì, 09 dicembre 2014 10:48)

    Grazie alla scuola superiore che ho frequentato ho avuto l'opportunità di poter svolgere vari stage presso strutture con differenti tipologie di utenti. Mi sono occupata di bambini, di anziani e di persone disabili. Credo che queste occasioni, a me in primis, ma anche a molte altre persone che come me studiano nell'ambito sociale, siano servite a scoprire nuove e diverse realtà. Grazie a queste esperienze nelle strutture ho avuto un maggiore approccio con cose di cui magari, avevo solo sentito parlare. Viverle sulla propria pelle è tutt'altra cosa.
    Ora lavoro in una comunità di ragazze allontanate dalla famiglia, un ambito per me nuovo ma per il quale mi sto mettendo alla prova. Sono contesti diversi anche solo rispetto agli stage fatti precedentemente ma alla fine il centro di tutto è sempre quello: aiutare gli altri.
    A trarne beneficio probabilmente siamo anche noi operatori non solo gli utenti, perchè quello che provi quando aiuti qualcuno e senti di aver fatto qualcosa di positivo per l'altro, magari anche solo ricevendo un 'grazie' o un sorriso in cambio, almeno, parlando per me, è una cosa che già migliora la mia giornata. E penso dovrebbe essere così per tutti. Il bello di questo lavoro forse è proprio questo: DARE SENZA PRETENDERE NULLA IN CAMBIO!