Il bene del sociale

                     Ciò  che non riusciamo a vedere

Ciò che la vita frenetica non rivela: riflessioni ed esperienze di relazioni, sentimenti, dinamiche all'interno del settore sociale.

 

ACCORGERSI DEL BENE.

Ritengo utile parlare del bene del sociale, in quanto ci circonda più di quanto pensiamo e accorgerci che esiste è il primo grande passo da fare per poter migliorare noi stessi e il contesto in cui viviamo. Pertanto voglio qui raccontare una serie di episodi e di esperienze Che non hanno nulla di sorprendente e nulla di eccezionaleEpisodi che si caratterizzano per la semplicità con cui vengono compiuti. Esperienze che scaldano il cuore. Perché credo fermamente che ognuno di noi abbia bisogno di credere un pò più nel "bene". Bene vero e reale. Apriamo gli occhi e prendiamo spunto!


 

"La vera felicità del dono è tutta nell'immaginazione della felicità del destinatario."

T. Adorno

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Il cupo etichettamento .

Come dei prodotti esposti al supermercato divisi per categoria, ci siamo imposti anche noi esseri umani le nostre etichette. Ci siamo auto creati delle categorie di appartenenza affibbiando a queste un dato valore o forse, meglio, prezzo. 

Proprio come al supermercato.
Neri, marocchini, zingari, handicappati, rumeni, ricchi, poveri, mussulmani, detenuti, tossicodipendenti, alcoolisti, comunisti e ancora e ancora.
Per "semplificarci" la vita abbiamo deciso di utilizzare queste sorta di etichette per attribuite ad una persona un insieme di caratteristiche che risiedono all'interno del significato stesso della parola. 
Ma è forse mai giusto utilizzare tali etichette per riferire fatti ed informazioni non inerenti al significato della parola? Spiegando meglio, è opportuno e sensato riferire notizie su un dato avvenimento etichettando una persona ad una propria caratteristica personale che nulla ha a che vedere con il fatto in se?
Si legge:
"Marocchino sorpreso a rubare"
"Nero picchiato"
"Disabile ucciso dal padre"
Le categorie influenzano le notizie e le notizie perdono la loro essenza principale.
Le categorie echeggiano la forma di pensiero antica dello stigma. 
Lo stereotipo.
Stereotipi che influenzano le persone sul proprio modo di pensare ed inevitabilmente di agire, di comportarsi. 
Che senso hanno le categorie se non riusciamo più a distinguere le azioni positive da quelle negative? Se facciamo, come si dice, di tutta l'erba un fascio?
E' un'assurda insensatezza alla luce del nuovo millennio definirci per categorie, per di più utilizzate dall'ignoranza delle persone che probabilmente pensa di sentirsi migliore per l'appartenenza o meno ad una di queste. 
Troppe volte, troppe persone si dimenticano che TUTTI siamo prima di tutto UOMINI.
TUTTI.









Bolle di sapone, "Globalizzazione dell'indifferenza".

LA CULTURA DEL BENESSERE, CHE CI PORTA A PENSARE A NOI STESSI, CI RENDE INSENSIBILI ALLE GRIDA DEGLI ALTRI, CI FA VIVERE IN BOLLE DI SAPONE, CHE SONO BELLE, MA NON SONO NULLA, SONO L'ILLUSIONE DEL FUTILE, DEL PROVVISORIO, CHE PORTA ALL'INDIFFERENZA VERSO GLI ALTRI, ANZI PORTA ALLA GLOBALIZZAZIONE DELL'INDIFFERENZA. IN QUESTO MONDO DELLA GLOBALIZZAZIONE DELL'INDIFFERENZA CI SIAMO ABITUATI ALLA SOFFERENZA DELL'ALTRO, NON CI RIGUARDA, NON CI INTERESSA, NON E' AFFARE NOSTRO.

In un luogo in cui tutto è sviluppato, in cui il progresso è all'ordine del giorno, regrediscono i sentimenti su cui, invece, tutto dovrebbe essere basato. Sembra questo il senso delle parole appena lette, scritte come un grido di speranza volto al concetto di solidarietà, che dovrebbe essere probabilmente scontata, innata forse, ma che ogni giorno diviene sempre più un concetto astratto. Veniamo definiti come "belle bolle di sapone" perché all'interno delle bolle niente può penetrare senza che queste scoppino, così come una persona curata di se stessa trascura il sociale circostante, ad eccezione del contesto egoistico fine se stesso. Queste bolle non ricordano però che "Ciascuno di noi esiste in quanto ESSERE IN RELAZIONE, è una consapevolezza, quella dell'intima connessione tra ciascuno di noi e gli altri, che va ricordata con lucidità".

Dobbiamo ricordarci dell'altro in quanto esistente come e insieme a noi, perchè è la reciproca esistenza che da senso alla relazione umana necessaria a fornire senso al contesto ambientale e temporale, ricordarci poi che l'altro prima di ogni altra cosa attende il semplice riconoscimento della propria esistenza.

Siamo ormai abituati ad investire il tempo in attività che beneficiano il nostro essere con un tornaconto personale e pertanto siamo sempre più propensi a dimenticare ed accantonare tutte quelle attività sociali e personali che ci definiscono Uomini, ma ancora prima: esseri viventi. Sono, invece, queste attività che costituiscono la massima fonte di dare/avere/ricevere. Tutto ciò che è invisibile agli occhi spesso ripaga più del materiale.

Abbiamo bisogno di una visione più utopistica del Mondo circostante, che utopia poi non è ma piuttosto una revisione della coscienza di ognuno. Credere in qualcosa, credere nelle persone e nel tessuto sociale che ci rende tali non dovrebbe mai andare fuori di moda. Impegniamoci ad essere meno indifferenti, perchè nessuno merita "il nulla", nemmeno TU!



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